Della mia precedente vita da organizzatrice di eventi

Della mia precedente vita da organizzatrice di eventi: ecco qui un altro pezzo di me che magari non conosci e che potrebbe incuriosirti.

Nella mia precedente vita lavorativa (ma anche personale) ero socia della cooperativa sociale che nel lontanissimo 2001 avevo fondato con altre 4 donne. Frequentavamo tutte l’Università Cattolica a Milano e ciò che ci accomunava era che avevamo partecipato alla scuola di Teatro Educazione con il prof. Oliva. Ci aveva unito il desiderio di applicare sin da subito la metodologia teatrale agli ambiti formativi. Avevamo capito che le arti performative (la danza, il teatro, la musica etc.) erano non solo un potente mezzo in alcuni contesti educativi, ma anche il nostro spazio espressivo. Così, eccoci lanciate in questa avventura di fondare a poco più di 25 anni un’impresa.

Nella definizione del nostro progetto erano previsti i laboratori nelle scuole, ma anche la formazione per docenti. Erano incluse le rassegne di spettacoli (dopotutto un laboratorio necessita di un evento finale, che dia voce al processo educativo vissuto insieme per delle settimane) e i festival di teatro di strada. Erano previste le letture nelle biblioteche (non solo perché agenzie culturali territoriali ma anche perché culla della narrazione) e pure le feste aziendali (organizzavamo le classiche giornate “Al lavoro con mamma è papà” per dirne una).

Insomma, gli eventi rientravano a tutti gli effetti nella nostra proposta di attività.

E cosa c’entra tutto questo con me? C’entra perché per alcuni anni la responsabile di questi eventi sono stata io. Ho sempre avuto sicuramente una buona dose di creatività e di capacità progettuale, unita a una indubbia visione d’insieme del progetto, altrimenti detta capacità organizzativa. Ero sufficientemente in grado di definire obiettivi e azioni corrispondenti; di determinare tempistiche per ogni azione; di coinvolgere altre persone per realizzare il progetto (insomma, gestire chi lavorava in team con me). Uniscici un buon mix di ironia e di fermezza e il gioco è fatto.

La nostra cooperativa, per una serie di fortunati eventi (e dai, anche di indubbie capacità), aveva iniziato a collaborare con l’agenzia di eventi che si occupava per il Comune di Milano dell’inaugurazione della Scala di Milano. Tra l’altro nel 2005, quando la “Scala torna alla Scala” dopo aver abitato gli spazi dell’Ansaldo per alcuni anni intanto che il teatro era in ristrutturazione. Insomma il 7 dicembre del 2004, e chi conosce queste dinamiche lo sa, rappresentava una seconda nascita per il teatro.

di quando ho partecipato all’Inaugurazione del Teatro alla Scala.

Bomba!!!! Ci siamo occupati di gestire le maschere del teatro, di prevedere l’accoglienza degli ospiti, di definire il placement per la cena di Gala, abbiamo partecipato ai vari eventi sparsi per la città. Perché quell’anno l’inaugurazione era diffusa in alcuni teatri e piazze di Milano (Teatro Dal Verme, Arcimboldi, Galleria Vittorio Emanuele…) perché fosse un evento della città, di tutta la città.

Non so più quante persone fossero impegnate quell’anno. Nella sede dell’agenzia di Milano c’era un formicolio totale, che aumentava mano mano che ci avvicinavamo al 7 dicembre. Non c’è veramente idea di cosa significhi organizzare un evento di tale portata finché non si entra nel merito. Spesso la percezione è “ma che bel lavoro che fai! Chissà che divertimento!”… ecco, sì, magari c’è pure quello. Ma non si ha idea della gestione di micro-cavilli che comportano un lavoro del genere. C’è molto, moltissimo stress. Tanta, tantissima organizzazione anche del più piccolo dettaglio (quante rose devi prevedere in ogni sede per ogni ospite? per dire), gestione di fornitori che impazziscono tutti insieme, mantenere la calma quando 10 ospiti in contemporanea cambiano idea su dove possono sedersi perché ci sono dietro questioni politiche, di relazioni economiche etc…

Che è un lavoro come tanti altri: luce e ombra, sempre. Io quell’anno mi sono occupata di 45 hostess per il teatro degli Arcimboldi: le ho reclutate (vuoi che ti dica quante telefonate ho dovuto fare?), organizzato, vestito (nel senso che ho predisposto le loro divise e mi sono assicurata che fossero perfette), sostenuto quando erano preoccupate, incitato quando non sapevano come fare. Un bel lavorino insomma. Tanto sangue freddo, tanta fermezza. E, ebbene sì, il mio sibillino sorriso di quando lavoro, che non sai mai se è di sostegno o preludio al cazziatone d’ordinanza.

E poi ho scritto di mio pugno 1500 inviti per la cena di Gala. Sì hai ben capito. In eventi di questa portata talvolta l’indicazione dell’ospite sulla busta si scrive a mano. E siccome avevo iniziato io con la mia grafia (nulla di ché ma tant’è) li ho compilati tutti io…. una fatica che non te la voglio neanche raccontare.

Ho visto la sfilata per entrare all’Ansaldo al momento della cena di Gala. Che magia, ragazzi! 1 km di passerella con tappeto rosso che gli ospiti percorrevano in tutti i comparti del teatro: scenografia, macchinari, costumi, parrucche, trucco, danza, strumenti musicali, quadri dei lavori di ristrutturazione…. E le luci e la musica e l’atmosfera in generale. Una vera magia.

Nel 2005 (o 2006 ora non ricordo) invece ero proprio alla Scala. Anche in questo caso mi occupavo delle Maschere. Ma signori, fatto il mio lavoro, io ho potuto assistere alle prove e ero sul palco, o meglio dietro le quinte. Ho visto muoversi le quinte, ho visto quanto spazio c’è dietro il fondale (credo almeno 15 m di profondità), ho sentito l’odore del teatro. E tu mi dirai… e chissenefrega. E certo, lo so. Ma per me è stata un’emozione incredibile. Dopotutto ho sempre fatto danza, fin da bambina. Ma era evidente (anche a me) che non avevo le caratteristiche per diventare una professionista e men che meno per arrivare alla Scala. Insomma, quando mi sono ritrovata lì per lavoro, un po’ (dai concedimelo) ero felice.

Della mia precedente vita da organizzatrice di eventi

Detto questo, Della mia precedente vita da organizzatrice di eventi cosa mi sono portata nel mio attuale lavoro?

Tantissimo, quasi tutto. Perché quando una caratteristica personale diventa una competenza, la puoi applicare a qualsiasi lavoro fai. Quali caratteristiche?

  • a me piacciono le cose belle. Non ci posso fare nulla. Le cose raffazzonate, poco curate, buttate lì non fanno per me. Nella vita, in casa, con i bambini, nel lavoro. Nei giochi che progetto e realizzo, nel 6 passi, nelle liste libri che ti propongo, nelle attività per il calendario dell’avvento…
  • continuo a lavorare con le arti. Quando vado a raccontare una storia in un asilo, se le racconto ai miei figli. Mentre seleziono le musiche. Se ti propongo come leggere ai bambini ci metto tutta la mia conoscenza ed esperienza teatrale. Non certo per puro esercizio stilistico, ma per darti modo di affascinare i bambini, ché una lettura piatta e monotonale tu la ascolteresti?
  • sono maniacale dell’organizzazione. Scrivo il progetto, stabilisco azioni corrispondenti, metto le tempistiche, scrivo appunti, preparo scalette di lavoro, recupero materiali e compongo tutti questi elementi per il servizio finale. Hai presente quando mi chiami oggi e domani vuoi un consiglio di libro o un progetto per un problema per te insormontabile? Ecco.
  • ogni evento ha un tema di sottofondo, che lo abita, lo guida, lo mette in atto. Ti ricorda nulla rispetto al tema della narrazione?
  • ora sono sola. Ma prima o poi (lo so, io lo so) ci sarà qualcuno al mio fianco. E allora non vedo l’ora di ragionare con lei (la persona ovviamente, non necessariamente di sesso femminile), di progettare con lei e anche di trasferire capacità. Ché il lavoro in team se no a cosa vuoi che serva?
  • gestione dello stress; da sola non è facile per nulla. Prima avevo una squadra di lavoro. Ora ho dovuto imparare a farlo da sola (e talvolta con un aiutino). Ti è mai capitato di sentire stress per la gestione di una famiglia o di un gruppo di lavoro o in un ambito personale? Ecco, è proprio di quello che parlo.
  • ironia: ne ho sempre avuto in abbondanza (eredità del mio papà, perché mia mamma neanche il sense of humor); ne ho fatta una caratteristica lavorativa. Dopotutto, reinventarsi a 40 e passa anni un nuovo lavoro, buttarsi su blog, social, story, reel e roba del genere senza un po’ di autoironia volevo proprio vedermi
  • fermezza: e già! ho una precisa idea di bambino e di genitore. Ti piace? Bene. Non ti piace? Pazienza, non faccio per te. Troverai la persona che ti corrisponde.

E via dicendo. E’ per questo che sono grata alla mia precedente vita lavorativa. Non dovrei?

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